• Più forte dell’alluvione


    DanniAlluvione5All’indomani della sua rielezione a sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi usò questa frase per scaricare tutta la tensione di una campagna elettorale in cui la variabile “alluvione” rendeva il nostro sindaco piuttosto incerto sulla possibilità di vincere al primo turno.

    La frase non fu certo delle più felici e suona ancora irrispettosa e carica di arroganza. Né può valere come giustificazione il fatto di essere stata detta a caldo nell’agone della aspra lotta politica. Il suo significato infatti è: “se ho vinto nonostante una tragedia simile, con morti e milioni di danni, sono invincibile” avverando in tal modo una profezia attribuita ad un capo-popolo del PD secondo cui se la sinistra a Senigallia candidasse una panchina, quella panchina sarebbe eletta.

    A nulla servirono i tentativi di Senigallia Bene Comune durante la campagna elettorale di informare i cittadini su come erano andate davvero le cose. Non è servito ricordare gli errori ed omissioni dell’amministrazione nella gestione dell’alveo fluviale; non è servito evidenziare che in tutti i porti dell’Adriatico il molo di levante è più lungo di quello di ponente tranne che a Senigallia; che il porto canale non viene dragato per anni; che gli interventi di deforestazione selvaggia del fiume aumentano i fenomeni erosivi. A nulla è servito l’appello a spendere i soldi del ponte Perilli per rifarlo a campata unica invece che lasciarlo con i pilastri in alveo riducendone addirittura la sezione di passaggio dell’acqua.

    Non è servito ricordare ai cittadini che era stato l’allora assessore Mangialardi ad intervenire in Regione con pressioni indebite per far riperimetrare le zone a rischio R4 del PAI. Non è servito infine dire ai Senigalliesi che il Centro Operativo Comunale al momento dell’alluvione era tutt’altro che operativo.

    Per gran parte dell’opinione pubblica passò l’idea che le nostre erano solo strumentalizzazioni. Le chiacchiere politichesi, le promesse agli alluvionati di ingenti rimborsi e di fantomatici sottopassaggi e non ultimo lo straordinario lavoro dei volontari della Caritas (che in realtà non è un ente comunale ma un organismo pastorale della Chiesa senigalliese) hanno oscurato tutti i fatti e i dati altrimenti inconfutabili.

    Ecco allora il significato vero di quella frase: “potete informare i cittadini quanto volete tanto non serve a niente; il voto non dipende dalla verità dei fatti ma da come riesci a rendere credibile la tua versione dei fatti”.

    Il tempo però è paziente, non ha fretta e da ragione alla verità. Capita così che dopo più di due anni una notizia battuta dall’ANSA ci ricordi che è in corso un’inchiesta condotta dalla Procura di Ancona per disastro colposo e omicidio colposo, la quale si è arricchita di un documento di 270 pagine contenenti gli accertamenti compiuti dal Corpo Forestale dello Stato e che l’alluvione sarebbe stata prevedibile.

    L’indagine farà il suo corso e accerterà eventuali responsabilità, come per esempio a Genova dove il Sindaco è stato condannato. Ora non ci interessa speculare su indiscrezioni né ci auguriamo la condanna di qualcuno. Quello che ci interessa è affermare un principio. Che non serve far finta di niente e pensare di cavarsela con una discolpa preventiva, mai suffragata dai fatti. Il giorno dopo l’alluvione la colpa era già stata attribuita alla “bomba d’acqua” senza neanche aver analizzato gli eventi, senza neanche chiedersi se fossero stati commessi degli errori. Per principio l’amministrazione non c’entrava niente, a priori.

    Ma così come non si può condannare a priori qualcuno neanche lo si può assolvere a priori. Per fortuna in una società moderna i fatti e i dati scientifici qualcosa contano e non più solo i dogmi di partito. E così quel “Più forte dell’alluvione” oltre che arrogante suona oggi anche patetico, quasi puerile.

    Non c’è da essere più forti di nessuno, ma più responsabili. C’è da mettere in atto una politica seria di gestione del territorio e dell’ambiente, di prevenzione del rischio idrogeologico. Non abbiamo bisogno di un sindaco macho, “che non deve chiedere mai” ma di un sindaco umano che sappia ammettere e riconoscere i propri errori, senza prendersela sempre con chi li mette in evidenza, ponendovi rimedio. Questo forse non renderebbe più forte lui, ma sicuramente renderebbe più forte Senigallia!

    Senigallia Bene Comune

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  • Sulla vasca di espansione a Brugnetto

    Vasche2Nell’ultimo periodo si parla molto della vasca di compensazione idraulica da realizzare a Brugnetto di Senigallia. C’è chi, come il Sindaco Mangialardi ed il geometra Ivano Sbrollini di Borgo Bicchia, ne tesse le lodi come la panacea di tutte le alluvioni, e chi la dipinge come un’opera pericolosa, con problemi di efficienza e sostenibilità.

    Oggi, come con il precedente articolo sul dissesto idrogeologico, cercheremo di fare un po’ di chiarezza in merito alle due posizioni esistenti. Ci auguriamo anche che il Sindaco Mangialardi voglia indire un’assemblea pubblica per discutere dell’argomento, visto che a quella da noi indetta a San Rocco il 30 ottobre 2015 non sono intervenuti né lui né le numerose autorità e tecnici invitati.

    Il nostro fiume, nei secoli, ha causato alla città diversi allagamenti. Nel passato le alluvioni arrivavano quasi ogni anno e per tale motivo i proprietari dei fondi agricoli hanno realizzato le arginature attuali (per proteggere le culture dei campi e il bestiame); mentre le autorità cittadine realizzarono il cavo Penna che fungeva da fosso scolmatore per proteggere il centro abitato. Dopo aver completato gli argini in campagna e realizzato gli argini in muratura in città, decisero di eliminare il cavo Penna. Successivamente, negli anni ‘50, il fondo del fiume nel tratto cittadino dal ponte Garibaldi al ponte della ferrovia, fu cementificato lasciando un canale centrale ad una quota più bassa che, per la sua ridotta sezione, consentiva anche con piccole portate idriche di mantenere pulito l’alveo del fiume dai depositi trasportati. Poi arrivarono le ultime modifiche alla foce del fiume, realizzate a partire dal 2008 per il distacco dell’ingresso del porto dalla foce del fiume. Da quel momento, l’esigenza di mantenere la foce del fiume aperta in modo funzionale passò in secondo piano nei lavori programmati dall’amministrazione comunale, o meglio all’ultimo posto.

    Quali sono state le modifiche importanti apportate alla foce?

    • Prolungamento della banchina di ponente del fiume, per proteggere dall’insabbiamento l’ingresso al porto. La modifica ha però permesso al mare l’insabbiamento continuo della foce del fiume, costituendo una sorta di ostacolo allo scarico a mare del sedime trasportato dal fiume, tanto che è affiorato un isolotto alla foce.
    • Si smise di dragare il fondale del fiume nell’ultimo tratto, perché le barche non dovevano più transitarvi e quindi non era
      “necessario” mantenerlo a profondità di navigazione. Risultato: col tempo il fondale è passato da – 4,5 metri di profondità, ad un valore medio minore di un metro, riducendo di fatto a circa un terzo la sezione in cui l’acqua in arrivo dal fiume può defluire in mare.
    • “Dulcis in fundo” i tecnici del comune decisero la chiusura del collegamento tra la 3° darsena e il fiume riducendo ulteriormente la capacità di deflusso a mare delle piene del fiume: capacità variabile in modo significativo in base alle condizioni di agitazione del mare.

    Alla città di Senigallia andò bene perché dopo i lavori ci furono anni di scarsa piovosità fino al 2010, poi la situazione cominciò a mostrarsi agli occhi di tutti: ad ogni pioggia, un po’ sopra la media, il fiume creava preoccupazione perché lambiva o stava per lambire l’intradosso dei ponti cittadini.

    Anche l’incuria degli argini e la mancata manutenzione degli alberi in alveo, cresciuti a dismisura, ha consentito che il 3 maggio 2014, con una portata d’acqua che fino al 2008 era tranquillamente smaltibile, si verificasse la maggiore inondazione che la città di Senigallia ha subito dal 1900.

    A riprova di quanto affermato, a pag. 22 del Rapporto di Evento della Protezione Civile si legge in merito alla portata del Misa che “I valori registrati nel corso dell’evento del 2-4 maggio sono stati superati negli anni 1991, 1995 e 2005 come evidenziato nelle figure (43 e 44)” (Allegato 1).

    Oggi l’unica direzione intrapresa delle Amministrazioni Pubbliche, Autorità di Bacino, Provincia e Comuni della vallata, concerne il rappezzamento degli argini danneggiati e la costruzione di una “vaschetta di compensazione idraulica”.

    Saltiamo a piedi pari gli interventi effettuati sugli argini ed alla vegetazione, di ciò potremo parlare in un altro appuntamento, e soffermiamoci sull’intervento per realizzare la vasca.

    Quando si progettano simili opere idrauliche, per eseguire i calcoli idrici, si assumo i dati relativi alle massime piene transitate o transitabili nel tratto in cui si effettua l’intervento; nello specifico abbiamo un valore riscontrato dalla Protezione Civile Regionale tra i 500-600 mc/s o anche superiori nel maggio 2014, e “Questi valori sono comparabili alle piene storiche del 1940, 1955 e 1976” (Rapporto di Evento 2-4 maggio 2014 – pag. 27 della Protezione Civile) (c.s. Allegato 1); il genio civile arriva a indicare una portata massima di 900 mc/s alla chiusura del bacino (Allegato 2). Il progetto delle vasche è datato 2012 e quindi è stato redatto senza tenere conto delle reali esigenze idriche alla luce dell’evento del 2014.

    Ne deriva che sono state calcolate con una strozzatura che consente di far transitare solo 300 mc/s pur avendo avuto in tale tratto dell’alveo una portata doppia o ancora superiore. Presumiamo che tale valore derivi dalla quantità d’acqua attualmente transitabile alla foce dopo le chiusure operate con i lavori portuali. In realtà alla foce sono transitate più volte portate superiori ai 300 mc/s (con valori tra i 450-550 mc/s) quindi il valore cautelativo di transito alla foce, prima di aver rifatto i ponti cittadini a campata unica e dopo avere riaperto però la foce, è di 450-500 mc/s. Con una portata di calcolo pari a 450-500 mc/s la vasca d’espansione servirà a colmare i reali picchi di portata e non a cercare di porre rimedio gli errori creati alla foce (errare è umano, perseverare è diabolico) e potrà garantire un tempo di sicurezza da 4 a 5 volte superiore a quello che avremo con dimensionamento a 300mc/s.

    Altro fattore da non sottovalutare con una portata di 450-500 mc/s è che la laminazione potrà avvenire, senza creare la strettoia in cemento, prevista in progetto per portare la sezione del fiume da 80 metri a 16 metri, ma semplicemente abbassando l’argine del fiume esistente in corrispondenza dell’inizio della vasca. Tale procedura è stata personalmente verificata essere consueta sui corsi d’acqua della vicina Emilia Romagna. (Allegato 3)

    Per mantenere l’invarianza idraulica a monte della vasca, prevista dalla norme vigenti, una soluzione perseguibile è di lasciare un corridoio tra la vasca e la provinciale Corinaldese per far defluire l’acqua uscita da eventuali rotture in sponda sinistra che avvengano a monte, come accaduto nel 2014. Ciò servirà inoltre ad evitare che le zone artigianali di Casine di Ostra e della Bassa di Ripe subiscano inondazioni di un metro o più rispetto a quanto è accaduto nel 2014.

    La soluzione prospettata consentirà anche di non dover rifare, e quindi non spendere altri milioni di euro, il ponte tra Bettolelle e Brugnetto. (Nell’attuale progetto il ponte sarà interdetto alla circolazione, anche dei mezzi di soccorso, ad ogni allerta). Sempre riferita al ponte la soluzione può prevenire inoltre il suo eventuale crollo nel caso, più che ipotetico, si verifichi una parata del materiale trasportato sull’impalcato e il parapetto del ponte.

    Ovviamente il costo dell’opera, senza strozzatura e rialzo degli argini a monte dell’invaso, si ridurrà considerevolmente e tali risorse potranno essere utilizzate per realizzare i lavori necessari alla foce del fiume per la sua riapertura e i ponti cittadini che possono trovarvi copertura.

    Leggendo le relazioni del progetto, si evince che il tempo di riempiento della vasca è di otto ore (pag. 3 e 4 Relazione Descrittiva, a firma dell’arch. Principi Marcello e dell’ing. Alessandro Mancinelli, allegata al progetto: “1_relazione descrittiva vasche Misa”) (Allegato 4). Ma 1.000.000 di mc diviso 56 mc/s x 3600 sec/ora = dà un tempo di 4,96 ore che per effetto della reale capienza della vasca di soli 800.000 mc da un tempo di 3,96 ore. Il problema è che le portate reali sono ben superiori e pari a 600 – 700 mc/s e quindi il tempo di messa in sicurezza della città risulta pari a circa 46’ a 600 mc/s e 34’ a 700 mc/s.

    L’ultima domanda riguarda per quanto tempo nel maggio 2014 il fiume sia stato in piena, nonostante le 22 rotture e quindi i milioni di mc di acqua sottratti al fiume perché fuoriusciti dall’alveo. La risposta è 7-8 ore, quindi molte volte di più del tempo necessario al riempimento della Vasca di compensazione agricola.

    A cosa, ma soprattutto a chi, può servire un simile intervento che, a detta dello stesso ingegnere responsabile del progetto per la Provincia, riesce a stoccare solo un ottavo dell’acqua fuoriuscita il 3 maggio 2014?

    Come vedete le criticità sono tante e al riguardo i tecnici preposti non solo “non si degnano nemmeno di dare risposte di cortesia” alle domande e alle richieste d’incontro da noi trasmesse ufficialmente, ma rifuggono anche la possibilità di illustrare il progetto in incontri organizzati da Associazioni apolitiche ed apartitiche come Confluenze (si veda la “nota dolente” in calce al volantino Associazione confluenze – Allegato 5).

    Lista Civica Senigallia Bene Comune

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  • La situazione del dissesto idrogeologico

    Ovvero quando la prevenzione non porta voti
    Dissesto Idrogeologico

    In giallo i lavori per mettere in sicurezza il tratto finale cittadino

    Che il territorio italiano sia particolarmente fragile è testimoniato dal fatto che il 68% circa delle frane in Europa avvengono nel nostro paese.
    Siamo una ‘frana totale’ nella prevenzione.
    In compenso siamo degli assi negli interventi in emergenza ex-post.
    Abbiamo sviluppato la migliore protezione civile del mondo e tutti imparano da noi.
    Ma tutto questo non è particolarmente efficiente perché, come numerosi studi scientifici dimostrano, spendiamo somme spropositare per riparare i danni post-evento, che si sarebbero potute evitare ove si fossero spese somme di gran lunga inferiori in prevenzione (anche di 10 o 15 volte).
    Lo dice anche la saggezza popolare: ‘prevenire è meglio che curare’.
    Ma la politica non ci sente da questo orecchio. I soldi spesi in interventi eseguiti in sperduti anfratti, in letti di torrenti, in versanti di colline, non si vedono e quindi non portano voti.
    I soldi spesi in emergenza post catastrofe, per riparazione di drammatici danni e risarcimenti a danneggiati, invece hanno un grande impatto mediatico e quindi portano voti.
    Come analisi sarà cinica, e forse anche un po’ grossolana, ma se fate due più due, vi accorgerete che non siamo troppo lontani dalla realtà, guardate il risultato delle ultime elezioni cittadine per le promesse fatte.
    E’ il dissesto ideologico, la maggiore causa del dissesto idrogeologico. La maggior parte dei disastri, sono disastri annunciati. E spesso si ripetono nelle stesse aree geografiche. Ci sono in Italia zone, come quelle della Liguria e della Campania meridionale, ove periodicamente si contano i morti.
    Ciò non è casuale. Provate a prendere una cartina del mediterraneo.
    Tracciate delle linee che vanno dallo stretto di Gibilterra all’Italia. Le linee di mare più lunghe, senza che siano interrotte da isole o coste, sono quelle che puntano a nord in Liguria ed a sud sulla Campania meridionale. Queste linee vengono chiamate dagli ingegneri con il termine ‘fetch’.
    Non sono altro che corridoi sul mare aperto dove più a lungo possono svilupparsi venti senza che siano interrotti da qualche ostacolo e possono quindi caricare l’aria di grandi quantità di umidità presa dal mare e generare le più potenti perturbazioni atmosferiche, con la forza di veri e propri uragani, che sono la causa delle più grandi alluvioni. Ed ecco che periodicamente si verificano eventi importanti nelle zona di Genova e della penisola Sorrentina e relativo entroterra (disastri di Sarno, Quindici, Castellammare di Stabia, ecc.).

    La situazione a Genova comparata con Senigallia.

    Il 10 ottobre 2014 sono piovuti oltre 500 mm di pioggia su Genova ed il 4 novembre del 2011, sempre a Genova ne caddero quasi 500 mm in 5 ore, a Senigallia il 3 maggio 2014 ne sono caduti solo 72 mm in 6 ore.
    Esondano i fiumi ed i torrenti a Genova e sono sempre gli stessi: Bisagno, Fereggiano, Sturla e Scrivia.
    Si è parlato, in entrambe le città, di evento mai accaduto prima. Ma non è così. Il 4 ottobre del 2010, la quantità di pioggia era stata praticamente la stessa e a Senigallia fu così nelle alluvioni del 1976 e 1940. Alluvioni più gravi ci sono state in precedenza a Genova nel ‘93, nel ‘92 e nel ‘70 (quando i mm di pioggia furono addirittura più di 900) e a Senigallia nel 1855 e 1897. I danni ed i lutti a seguito di alluvioni non sono però sempre gli stessi. Molto dipende da quello che fa e da quello che non fa l’uomo.
    Enormi straripamenti di fiumi nel passato più o meno recente non hanno provocato gli stessi danni e lo stesso numero di perdite di vite umane degli ultimi tempi. Semplicemente perché le aree interessate dalle esondazioni non avevano insediamenti abitativi. Negli ultimi decenni le urbanizzazioni sono state, in alcuni casi, davvero dissennate. I cosiddetti ‘pianificatori’ urbanistici dalla licenza edilizia facile hanno dimostrato di avere la memoria sempre cortissima. Hanno consentito di costruire in aree dove si sapeva benissimo che prima o poi sarebbero arrivate le acque straripate. Pochi sanno, ad esempio, che una alluvione del fiume Arno, farebbe oggi molti più danni di quella famosissima del 1966, che è stata immortalata dai TG di tutto il mondo, perché sulle sponde del fiume, subito dopo l’evento disastroso, si è costruito moltissimo. In pratica ci fu una vera e propria corsa alla licenza edilizia da parte di tutti gli enti territoriali competenti prima dei divieti di edificazione attuati grazie alla la benemerita Commissione De Marchi (dal nome del grande ingegnere idraulico che la guidava).

    Non tutto deve andare male: quando si previene, i disastri non avvengono.

    La scelleratezza urbanistica permette di costruire dove i tecnici competenti sconsigliano di costruire, trattandosi di zone a rischio di alluvione o di frana o di dissesto. Questo comportamento denota una evidente stoltezza; non sarà il caso di smettere di maltrattare così il territorio?
    I programmi di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, contengono parole altisonanti ed impegni solenni di lotta al dissesto idrogeologico.
    Ma, dopo le elezioni, i buoni propositi restano solo chiacchiere e anche quest’anno 2016 il nostro Consiglio comunale ha approvato degli emendamenti, all’ultima variante al PRG, che consentono di realizzare garage addirittura interrati a ridosso del fiume e di un’area R4 all’interno del progetto ‘Orti del Vescovo’.

    L’eccessivo consumo di territorio, con disboscamenti, cementificazioni ed impermeabilizzazioni del terreno (piazza Garibaldi totalmente cementificata e disboscata ne è esempio lampante) è da evitare assolutamente.

    Come lista civica riteniamo prioritarie queste riflessioni:
    • Occorre da una parte vietare ulteriori consumi di territorio, permettendo nuove costruzioni solo nella zone già urbanizzate, densificando e riqualificando l’edilizia di scarsa qualità del dopoguerra;
    • Imporre il cosiddetto criterio della ‘invarianza idraulica’. (Se, cioè, un determinato territorio, prima di realizzare un intervento di trasformazione, produce una certa quantità di acqua in occasione di determinate precipitazioni meteoriche, dopo la trasformazione deve mantenere costante questa quantità di acqua prodotta. Questo significa che, se si impermeabilizzano porzioni più o meno vaste di tale territorio, riducendo quindi le naturali capacità di ritenzione idrica del terreno originario, è necessario ed obbligatorio realizzare opere di cattura ed immagazzinamento delle acque di pioggia intensa, per poi restituirle alla natura solo successivamente allo scroscio di pioggia, in modo tale da evitare ogni danno da alluvione. Occorre quindi realizzare quello che gli ingegneri idraulici definiscono la ‘laminazione delle piene’.)
    • Occorre attivare le opere di manutenzione idraulica: la gran parte dei disastri sono causati dall’incuria, dalla ridotta capacità di portata del reticolo idrografico a causa di ostruzioni, interramenti, abbandoni di rifiuti ingombranti, crollo di alberi ed arbusti, ecc. Le operazioni di manutenzione idraulica andrebbero effettuate con regolarità, e consentirebbero, a conti fatti, di spendere meno e meglio, e, soprattutto, di evitare di piangere vite umane perdute;
    • Occorre realizzare opere idrauliche di accumulo e regolazione. L’acqua è elemento fondamentale di vita ma può causare danni e morti sia quando ce n’è troppo poca, sia quando ce n’è troppa. Occorre quindi usare la saggezza del buon padre di famiglia, che mette da parte le risorse nei tempi grassi per i tempi delle vacche magre. Quindi ci vogliono le vituperate dighe che immagazzinano le acque quando scorrono impetuose e possono causare danni e vittime, per poterle restituire quando piove poco e ce n’è più bisogno, ad esempio per irrigare i campi d’estate. (Basta studiare un po’ di storia, anche recente, per apprendere, ad esempio, che la città di Roma andava regolarmente sott’acqua tutti gli anni fino a pochi decenni orsono. Tanto è vero che le autorità papaline avevano organizzato un capillare servizio di barchini che percorrevano le strade romane allagate per distribuire pane agli abitanti costretti a casa dalle alluvioni, i quali lo ritiravano dalle finestre. Tutto questo è diventato solo un ricordo storico, grazie agli imponenti interventi idraulici dei cosiddetti ‘muraglioni’ ma anche grazie alle grandi dighe realizzate su alto e medio corso del Tevere, che consentono di ‘laminare’ le piene del fiume stesso.) Le stesse dighe produrrebbero energia elettrica gratuita e senza emettere CO2.

    Riteniamo prioritarie opere di presidio contro erosioni, frane e dissesti idrogeologici.
    Gli specialisti della materia conoscono perfettamente quali sono i versanti in frana, quali sono gli alvei dei corsi d’acqua in erosione, quali sono le aree a rischio di dissesto idrogeologico e sono perfettamente in grado di progettare gli interventi atti a scongiurare le catastrofi.

    L’investimento più produttivo che possiamo fare è quello della salvaguardia del capitale umano e del nostro territorio.
    Diamo quindi fiducia solo ai (pochi) decisori politici che lo hanno capito. Ma a Senigallia ci sono?

    Lista civica Senigallia Bene Comune

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